Assobio: il biologico deve essere più ambizioso

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Il mercato del bio nel 2020 mette a segno un incremento medio nelle vendite del 7% – del 150% nell’on-line – rispetto al 2019. Ma per Roberto Zanoni, presidente Assobio, è il momento giusto per fare di più

di Maria Pia Terrosi

Nel 2020 il mercato del biologico in Italia ha raggiunto un valore pari a 4,3 miliardi, registrando un incremento del 7% rispetto al 2019. Una crescita che ha coinvolto tutti i canali di vendita: dalla Grande distribuzione ai negozi specializzati, fino all’on-line. Dai dati presentati nel Rapporto realizzato sulla base delle indagini elaborate da Nielsen in collaborazione con AssoBio e Nomisma emerge una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori italiani. Proprio durante il lockdown, i consumatori sono andati alla ricerca di prodotti naturali, biologici, con etichette chiare, a conferma di una tendenza di crescita già in atto.

“Non siamo stupiti che nell’anno del Covid il mercato del biologico abbia messo a segno una forte crescita. Lo stesso è successo in passato, ad esempio negli anni in cui si verificò l’epidemia da mucca pazza”, ci ha detto Roberto Zanoni, Presidente Assobio. “In un certo senso in questi momenti di crisi i consumatori sono più attenti a consumare cibi che ritengono sani e salutari e quindi si rivolgono di più al biologico”.

Comunque il biologico è in crescita da molti anni

“E’ vero. Ma per quanto riguarda il 2020 abbiamo registrato un incremento degli acquisti dei prodotti biologici. Sono cresciuti tutti i canali: 6,5% in più per i supermercati, 10% per i negozi specializzati, 12,5% per i discount. Le vendite on-line hanno messo a segno un vero e proprio boom (+150%), superiore all’incremento registrato per le vendite on line convenzionali. Ma un dato da evidenziare è la decisione della Grande distribuzione organizzata (Gdo) di puntare sul biologico. Infatti, il 48,7% delle loro vendite bio si riferisce a prodotti a marchio della Gdo. In pratica la Grande distribuzione ha riconosciuto il valore e il potenziale del settore e ha aumentato l’assortimento dei prodotti bio a proprio marchio mettendo in campo la propria ricerca e il proprio brand.”

Questo per quanto riguarda il mercato interno. E l’export?

“Nel 2020 l’Italia ha esportato più di 2 miliardi e 600 milioni di euro di prodotti bio, con un tasso di crescita dell’8% rispetto al 2019. La crescita delle esportazioni bio ha superato quella registrata dall’export agroalimentare nel suo complesso. Ormai infatti il settore del biologico rappresenta un driver significativo dell’agroalimentare, con un’incidenza del 6% sul totale delle esportazioni agroalimentari italiane. In termini di esportazioni di prodotti bio l’Italia è al primo posto in Europa, al secondo al mondo dopo gli Stati Uniti.”

Sono numeri che fanno riflettere…

“Sì, ma vorrei aggiungere una cosa. Siamo contenti che il biologico cresca, che aumenti l’export, che le superfici coltivate a bio in Italia siano già oggi al 16%, ovvero il doppio della media Ue. Siamo contenti, ma dobbiamo essere più ambiziosi. Penso ai consumi interni, ancora troppo bassi. In media in un anno un italiano spende solo 70 euro in prodotti bio. Troppo poco, siamo tra gli ultimi in Europa: Danimarca e Svizzera sono a 330 euro l’anno pro capite, la Germania a 200. Anche la Francia che qualche anno fa nei consumi interni aveva numeri simili ai nostri ci ha superato di parecchio, arrivando – grazie a politiche governative di incentivo e supporto al consumo – ad una spesa di 200 euro a persona”. 

Quindi cosa suggerisce di fare?

“Le potenzialità di sviluppo e crescita del settore in Italia sono ancora enormi: dobbiamo muoverci subito. Per prima cosa occorre incrementare le superfici coltivate a bio, favorendo il passaggio di terreni da convenzionali a biologici. In questo modo ci mettiamo nelle condizioni di soddisfare con la produzione interna la crescita della domanda di prodotti bio, evitando il rischio di dover importare dall’estero. E soprattutto salviamo la terra, riducendo la presenza di sostanze inquinanti anche nelle acque sia superficiali che sotterranee”. 

Quali sono i passaggi critici per raggiungere questi obiettivi?

“E’ fondamentale che venga subito approvata la Legge sul biologico bloccata da anni in Parlamento. Una legge che secondo Assobio presenta aspetti validi e può essere uno strumento utile per rafforzare il settore. Penso, ad esempio, alla ufficializzazione dei biodistretti e al riconoscimento del valore ambientale e sociale dell’agricoltura biologica. Molto importante anche l’introduzione del marchio ‘biologico italiano’ che può dare più forza ai produttori agricoli. Altro punto chiave riguarda la comunicazione verso i consumatori. Lo Stato deve investire più sulla comunicazione e lo stesso devono fare anche le aziende biologiche. E’ importante che i cittadini, i consumatori, siano informati sul valore del biologico. E qui rientra il tema del prezzo del cibo.”

…il giusto prezzo.

“Sì, siamo convinti che occorre dare un giusto prezzo al cibo. Quando un cibo costa troppo poco, in chi acquista dovrebbe scattare una sorta di allarme, si dovrebbero accendere le lampadine. Questo sia nel biologico che nel convenzionale. In entrambi i casi gli agricoltori devono vedersi riconosciuto un giusto prezzo per il loro lavoro, altrimenti si arriva alle proteste cui abbiamo assistito in passato, con i prodotti che vengono buttati in strada.  Per quanto riguarda il biologico poi grazie ad economie di scala dobbiamo cercare di arrivare a un prezzo competitivo per i consumatori, ma non possiamo derogare dal pagare in modo corretto gli agricoltori. Altrimenti inevitabilmente smetteranno di produrre biologico e la qualità dell’alimentazione scenderà.” 

Qual è il futuro dell’agricoltura?

“Non c’è dubbio che il futuro dell’agricoltura è il biologico e il biodinamico. Ma non bisogna pensare al biologico come a un modello bucolico dell’agricoltura. Niente di più sbagliato. Le aziende biologiche sono le più attente all’innovazione e ai cambiamenti. La rinuncia alla chimica di sintesi, infatti, impone agli agricoltori bio di individuare soluzioni innovative in molti casi basate sull’integrazione tra mezzi diversi: meccanici, ecologici, digitali: insomma, sull’agro-ecologia. 

L’Italia è leader in Europa per numero di aziende agricole e di trasformazione ed è leader anche per i terreni coltivati. I produttori e gli imprenditori bio, in Italia, sono molto più giovani del resto d’Europa: sono per metà laureati o diplomati, per un terzo donne, con una forte vocazione all’innovazione e alle nuove tecnologie, interessati all’internazionalizzazione, a nuovi rapporti con i consumatori. L’agricoltura del futuro avrà quindi bisogno del continuo supporto di enti ed aziende regolarmente attive nel ricercare prodotti di qualità. Innovazione, lotta ai pregiudizi e più informazioni corrette dovranno essere i capisaldi del futuro biologico per il raggiungimento di un obiettivo primario: perseguire un’agricoltura sostenibile, produttiva e alla portata di tutti.”

 

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