“Food for Health”: c’è un link tra ambiente, cibo e salute

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Ogni anno 40 milioni di persone muoiono a causa di malattie non trasmissibili, tra cui patologie cardiovascolari, diabete, tumori e malattie respiratorie croniche. Molte di queste malattie sono legate a una alimentazione basata su cibo di scarsa qualità e dal basso valore nutrizionale. Ricchi di calorie ma poveri di nutrienti. Quelli di gran lunga più utilizzati.

di Maria Pia Terrosi


Da qui parte il Manifesto “Food for Health”  – presentato a settembre al Sana di  Bologna. Redatto da un gruppo di esperti guidati da Vandana Shiva, attivista e ambientalista, raccoglie dati e analisi riguardanti i  settori dell’agricoltura, della produzione di cibo e della salute. E mostra con evidenza i limiti di un sistema produttivo agricolo intensivo – oggi prevalente –  che conviene. Ma solo in apparenza perchè in realtà è dannoso per l’ambiente e per la salute.

Sono innumerevoli le ricerche citate nel Manifesto che dimostrano come e quanto la salubrità del cibo sia un elemento essenziale per la salute delle persone, e al tempo stesso sia strettamente connessa alla qualità del suolo, dell’aria, dell’acqua e dell’ambiente in cui questo cibo viene prodotto. E dunque a come viene prodotto.

L’agricoltura chimica – scrive il Manifesto –  degrada la qualità del suolo e riduce le proprietà nutritive dei semi e delle piante, erode la biodiversità vegetale. I fertilizzanti minerali compromettono la colonizzazione simbiotica tra funghi, micorrize e radici, che favorisce lo scambio di nutrienti. I semi omogenei e ibridi sono alterati per favorire una maggiore produzione a scapito della qualità. L’uso di pesticidi indebolisce la capacità di difesa delle piante, con conseguente riduzione dei polifenoli, indispensabili come antiossidanti per la salute umana.

E’ un circolo vizioso. Il sistema industrializzato intensivo produce effetti nocivi sulla qualità e varietà dei semi, contamina il suolo e le falde acquifere e contribuisce significativamente al cambiamento climatico. La  perdita della biodiversità del suolo si traduce in perdita di diversità nei nutrienti nelle nostre diete, in impoverimento alimentare. Per aumentare la produttività, l’agricoltura industriale utilizza allora sostanze chimiche tossiche  che  entrano nella catena alimentare. “I nostri campi e le nostre tavole – precisa il Manifesto – sono inondati, oggi più che mai, da sostanze chimiche pericolose. Più di 80.000 nuovi prodotti chimici e 20 milioni di sottoprodotti sono stati commercializzati a partire dalla seconda guerra mondiale.”

Con il risultato  – evidenzia il Manifesto – di avere un cibo povero, poco salutare se non dannoso. Un sistema produttivo alimentare conveniente – cioè poco costoso –  solo in apparenza, visto che esternalizza tutta una serie di costi – i cosiddetti costi nascosti oggetto anche del nostro recente Rapporto 2018 Cambia la Terra – che riguardano sia i danni ambientali,  sia quelli legati alla  salute dei consumatori.

Un altro punto del Manifesto riguarda la falsa convinzione secondo la quale l’attuale modello agricolo intensivo industriale sia necessario per  risolvere il problema della fame nel mondo. Ancora oggi più di due miliardi di persone nel pianeta sono denutrite e soffrono di gravi carenze di vitamine e minerali. Oltre 200 milioni di bambini a causa di diete povere  subiscono rallentamenti nello sviluppo e ogni anno 3 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni muoiono di fame. Si prevede che entro il 2030, i costi relativi alle malattie non trasmissibili supereranno i 30 trilioni di dollari. E contribuiranno così a far ricadere milioni di persone al di sotto della soglia di povertà.

Ma invertire la rotta è necessario e possibile, adottando un nuovo modello di agricoltura e quindi un nuovo modello di alimentazione. “La salute – ricorda Shiva –  a partire da quella del suolo, fino a quella delle piante, degli animali e degli umani deve essere il principio organizzatore nonché il fine dell’agricoltura. Ma anche del commercio, della scienza, della nostra vita e dei commerci internazionali”. Le alternative esistono e si basano sul rigenerare la salute della terra, tramite l’agroecologia, la salvaguardia della biodiversità, la promozione della filiera corta e di sistemi alimentari a km 0.

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