La campagna #ipesticididentrodinoi ha realizzato un veloce ma significativo screening di una famiglia italiana “nella norma”. I risultati, benché non siano da considerarsi alla stregua di uno studio scientifico, hanno confermato non solo precedenti esperienze fatte in altri paesi europei, ma anche veri e propri studi condotti da enti di ricerca e università, regolarmente validati e pubblicati. Ne abbiamo parlato con Patrizia Gentilini, medico oncologo e membro di ISDE Italia, l’associazione Medici per l’Ambente, oltre che membro del Comitato dei Garanti di Cambia la terra.
Quello fatto con la famiglia non è un esperimento scientifico. Esistono veri e propri studi che vanno nella stessa direzione?
L’indagine condotta sulla famiglia non può essere definita in senso stretto un “esperimento scientifico” perché numericamente troppo esigua, troppo limitata nel tempo, senza un gruppo di controllo e altri requisiti. È certamente però un test preliminare interessante e indicativo, già eseguito in una famiglia svedese con risultati simili e che può essere un primo passo per impostare un vera indagine scientifica che coinvolga più soggetti e magari ripetuta più a lungo nel tempo.
Si conferma comunque quanto già riportato nella letteratura scientifica sia negli adulti che nei bambini, ovvero come in breve tempo diversi pesticidi possano diminuire o addirittura scomparire dall’organismo con una dieta biologica. In uno studio del 2014 13 adulti, in cui erano stati preliminarmente dosati nelle urine 6 metaboliti di pesticidi organofosfati, furono suddivisi in due gruppi, di cui uno casualmente assegnato a ricevere una dieta biologica per almeno l’80% per 7 giorni. All’ottavo giorno nel gruppo che aveva fatto la dieta biologica i livelli nelle urine dei pesticidi erano diminuiti dell’89% rispetto all’altro gruppo.
Risultati analoghi erano emersi in uno studio pubblicato nel 2006: in questo caso 23 bambini di scuole primarie assunsero per 5 giorni dieta biologica e furono sottoposti a biomonitoraggio urinario per la ricerca di pesticidi due volte al giorno, sia al risveglio che alla sera prima di prima di coricarsi. Le concentrazioni urinarie mediane dei metaboliti di malathion e clorpirifos diminuirono a livelli non rilevabili immediatamente dopo l’introduzione della dieta biologica e rimasero non rilevabili fino a quando le diete convenzionali non furono reintrodotte. Le concentrazioni di altri metaboliti quali pesticidi organofosfati erano inferiori nei giorni di consumo di alimenti biologici, senza raggiungere tuttavia la significatività statistica. La conclusione dello studio fu che una dieta biologica fornisce un effetto protettivo “drammatico” e immediato nei confronti di pesticidi organofosfati comunemente usati nella produzione agricola.
Le sostanze ricercate forniscono un quadro completo della contaminazione da pesticidi nella nostra dieta?
Le sostanze cercate (glifosato, metaboliti di piretroidi, clorpirifos) sono relativamente poche. È noto – grazie alle indagini eseguite dalle istituzioni preposte (ARPA, ASL, etc.) e raccolte nel dossier “I pesticidi nel piatto” di Legambiente- che i residui di pesticidi negli alimenti sono purtroppo molto più numerosi, in quanto si ritrovano anche Boscalid, Acetamiprid, Metalaxil, Ciprodinil, Imazalil, Penconazolo. Ricordiamo che i campioni di alimenti con uno o più residui di pesticidi sono il 36,4% del totale di quelli esaminati e che i campioni con multiresiduo sono in aumento perché dal 13,0% che erano nel 2006 si è passati al 19,9% nel 2015, con un “record” di multiresiduo di ben 21 diversi pesticidi in unico campione di the verde.
A quali rischi espongono le sostanze trovate nelle urine della famiglia?
La presenza nelle urine di pesticidi – o in generale di sostanze che non dovrebbero trovarsi all’interno dei nostri corpi – è un campanello di allarme in quanto significa che i nostri organi e tessuti sono a contatto con agenti estranei che possono interferire col normale equilibrio dell’organismo. Un recente lavoro di biomonitoraggio condotto su persone adulte e in buona salute residenti in prossimità di meleti coltivati secondo i dettami dell’agricoltura industriale ha dimostrato che quanto più erano intensi i trattamenti con i pesticidi tanto più aumentavano queste sostanze nell’organismo e che al loro crescere si associava un danno nei meccanismi di riparo del DNA. Lo studio è stato realizzato su individui adulti e in buona salute, ma è intuitivo che, a lungo andare, se il nostro DNA non viene “riparato” come dovrebbe, si potrebbero manifestare problemi. Di grande interesse il fatto che nello studio si dimostra come l’assunzione di miele biologico sia in grado di recuperare il danno indotto dai pesticidi.
L’esposizione cronica a livelli anche molto bassi di sostanze chimiche – compresi i pesticidi- non è stata in passato adeguatamente valutata, perché lì per lì non ci si accorge di nulla e si è preoccupati maggiormente dell’esposizione a dosi massicce, come capita nelle intossicazioni acute o negli avvelenamenti. Attualmente il problema dell’esposizione cronica è invece molto sentito perché sappiamo ormai che numerosi agenti chimici – compreso anche il glifosato e il clorpirifos- agiscono come “interferenti endocrini” ovvero sono in grado di alterare, anche a dosi bassissime il normale funzionamento del sistema ormonale (pensiamo all’aumento di malattie della tiroide, infertilità, squilibri metabolici quali obesità e diabete, alle patologie autoimmuni etc). Tali effetti si manifestano spesso tardivamente (anche dopo decenni) e variano anche a seconda del momento in cui avviene l’esposizione: gravidanza, allattamento, vita fetale, infanzia e pubertà sono momenti cruciali in cui il contatto con tali agenti può comportare effetti particolarmente gravi.
Quali specificamente i rischi da clorpirifos sui bambini?
Il clorpirifos è un insetticida che appartiene al gruppo degli organofosforici ed è ancora ampiamente utilizzato nonostante sia una delle molecole più studiate e note in particolare per la sua azione neurotossica. La sostanza agisce infatti inattivando l’enzima che degrada l’acetilcolina, neurotrasmettitore fondamentale per la trasmissione degli impulsi nervosi, che – una volta accumulatosi, altera profondamente tutto il processo della trasmissione nervosa sia a livello centrale che periferico.
Gli effetti del clorpirifos sono particolarmente rilevanti quando ad essere esposti sono gruppi di popolazione maggiormente vulnerabili come le donne in gravidanza e i bambini: la letteratura scientifica a questo riguardo è molto nutrita. In sintesi sappiamo ormai con certezza che il cervello in via di sviluppo è un organo estremamente suscettibile ai tossici ambientali e in particolare l’esposizione a clorpirifos può comportare profonde alterazione del neurosviluppo, come evidenziato anche in questo recentissimo articolo del 2017
Le alterazioni del neurosviluppo comprendono un insieme di defict neuropsichici e comportamentali, spesso subdoli e di diversa gravità, che sempre più si verificano nell’infanzia e che vanno dai disturbi dello spettro autistico, ai deficit di attenzione ed iperattività, alla dislessia e a deficit cognitivi fino alla riduzione del Quoziente Intellettivo (QI). Già nel 2006 su Lancet era comparso un allarmante articolo con un elenco di 202 sostanze, tra cui 90 pesticidi, note per essere tossiche per il cervello umano. Nel 2014 gli stessi Autori hanno ripreso l’argomento sottolineando come in particolare il clorpirifos sia implicato in questo tipo di rischi e come sia indispensabile una politica di prevenzione globale per arginare questa vera e propria epidemia. Nello specifico si è dimostrato che i bambini con livelli più alti livelli di insetticidi quali il clorpirifos presentano un rischio quasi doppio di sviluppare deficit di attenzione ed iperattività rispetto a quelli con livelli di “normale” contaminazione.
In seguito altri studi condotti indipendentemente presso l’Università di Berkeley, il Mt. Sinai Medical Center e la Columbia University hanno dimostrato con accurate valutazioni di biomonitoraggio (misurazioni dei metaboliti sulle urine o alla nascita sul cordone ombelicale) che le donne esposte durante la gravidanza a tali sostanze, hanno maggiori probabilità di dare alla luce figli meno intelligenti della media, fino ad una perdita di oltre 5 punti di Quoziente Intellettivo. Un altro studio condotto in Spagna su 305 bambini fra 6 e11 anni casualmente selezionati dalle scuole ha dimostrato che in presenza di maggiori livelli di insetticidi organofosforici nelle urine comportavano, oltre a diminuzione del quoziente Intellettivo, peggiori performance di elaborazione comprensione verbale.
Inoltre il clorpirifos in studi di laboratorio su cavie ha dimostrato di agire anche come interferente endocrino, alterando la produzione sia degli ormoni tiroidei che di ormoni neuroregolatori anche del comportamento affettivo quali ossitocina e vasopressina, fra l’altro a dosi al di sotto della soglia di tossicità per il sistema nervoso.