Junk Food, il cibo a buon mercato che costa caro

junk food

La denuncia di Mark Bittman, autore e giornalista Usa, nel libro “Animal, Vegetable, Junk:  A History of Food, from Sustainable to Suicidal”

di Maria Pia Terrosi

Presentate come le uniche soluzioni per sfamare miliardi di individui, l’agricoltura intensiva e i sistemi alimentari industrializzati hanno mancato il loro obiettivo, alimentando invece disuguaglianze, devastando l’ambiente e la salute umana. Simbolo lo junk food, cibo consumato in tutto il pianeta ma economico solo in apparenza. E’ questa la riflessione che propone Mark Bittman, autore e giornalista Usa, nel suo nuovo libro “Animal, Vegetable, Junk:  A History of Food, from Sustainable to Suicidal”. Una critica a un intero modello alimentare – junk food  – nato negli Usa ma ormai esportato in tutto il pianeta , basato su cibo a buon mercato ma di scarso valore. 

Un esempio è il classico burger e patatine. Un americano su quattro – circa 84 milioni di persone – mangia fast food almeno una volta al giorno. Lo ordina da casa, lo ritira rimanendo in macchina, più raramente lo consuma al negozio. Parliamo di un cibo ricco di calorie, grassi e zuccheri, ma con scarse qualità nutrizionali e privo di vitamine. 

Quasi il 50% degli alimenti oggi disponibili è sotto forma di cibo ultra trasformato, quello che io chiamo cibo spazzatura. Secondo alcune stime, assumiamo il 60% delle nostre calorie dal cibo ultra elaborato. Per cibo ultra trasformato, intendo il cibo che non potresti fare da solo. Cibo a base di ingredienti che non si trovano nella cucina di nessuno. Un cibo che i nostri nonni e bisnonni non avrebbero riconosciuto come tale”, spiega Mark Bittman in un’intervista a The Guardian. “Progettato per essere super appetibile, attivando i centri del piacere nel cervello e la produzione di dopamina, lo junk food anche se non crea dipendenza come la caffeina o gli oppiacei ci va molto, molto vicino.”

Non solo: è facile da consumare e immediatamente disponibile. Ma soprattutto il suo costo ridotto consente a una grande fetta della popolazione di sfamarsi.  In realtà – è la tesi di Mark Bittman – lo junk food costa poco, ma lo paghiamo a caro prezzo, con la nostra stessa salute. “C’è un prezzo per il cibo economico. E il prezzo non è solo il danno ambientale e l’uso pesante delle risorse. Ci sono anche altri prezzi. Mi riferisco ai costi della sanità pubblica legati al cibo spazzatura”, precisa. 

Al consumo eccessivo di junk food sono infatti associati obesità, ipertensione, diabete di tipo 2 e malattie cardiache. Considerandole complessivamente, le malattie derivanti dalla cattiva alimentazione assorbono il 21% del totale della spesa sanitaria  Usa.  L’unico rimedio è aumentare la disponibilità del cibo reale

“Dobbiamo assicurarci che sempre più persone siano in grado di acquistare cibo vero. Abbiamo davanti una scelta: se a sovvenzionare il cibo spazzatura o la produzione di cibo reale, come frutta, verdura. E’ necessario aumentare la disponibilità di cibo reale. Per farlo occorre cambiare l’agricoltura, sostenere la buona agricoltura e fare un vero sforzo per coltivare cibo vero. Qui entrano in gioco molti aspetti. Ad esempio ridurre l’uso di pesticidi, migliorare la qualità del suolo, ridurre l’utilizzo di antibiotici negli allevamenti, migliorare la vita degli agricoltori”, conclude Mark Bittman. 

 

 

 

 

Altri articoli

api

Analizzando campioni di miele di oggi e degli anni Cinquanta, un gruppo di ricercatori ha ricavato molte indicazioni sui cambiamenti subiti dal territ

pesticidi

Tre pesticidi su 4 arrivano a più di 30 metri dal punto di irrorazione. I dati della ricerca francese Servono almeno 100 metri di distanza per mette

Lo chiede Greenpeace: così si riduce il rischio di future pandemie. Sul banco degli imputati anche gli allevamenti lager di Redazione A livel

agricoltura intensiva

Esiste una forte correlazione tra la diffusione della pandemia e modelli economici del territorio. Lo dimostrano le conclusioni di uno studio Bce-Unif