Con il bio aumenta del 20% la capacità di resistere agli stress  

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Il cibo al tempo del Covid: aumenta il rischio di sviluppare patologie alimentari. Come difendersi

di Laura Di Renzo, professore associato di Nutrizione clinica, dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Università degli studi di Roma Tor Vergata

I mesi di lockdown che abbiamo vissuto e le restrizioni che stiamo vivendo tuttora hanno cambiato anche le nostre abitudini alimentari e il rapporto che abbiamo con il cibo.

Stare più tempo a casa, ridurre l’attività motoria uniti allo stress psicologico possono spingerci a mangiare troppo e spesso male. A rifugiarci nel cibo, comfort food.

Cosa è successo durante il lockdown

Capire quale è stato il comportamento degli italiani rispetto al cibo durante il lockdown ed esaminare le relazioni tra le risposte comportamentali ed emotive e la pandemia da Covid 19 è stato l’oggetto di un progetto di ricerca “Eating habits and lifestyle changes in Covid 19 lockdown” da me coordinato.

Il primo dato emerso dallo studio è che in questo periodo il 48% degli italiani è ingrassato. Quasi uno su due. L’incremento di peso si è registrato soprattutto nelle regioni del Sud, tra le donne e specialmente nella fase finale del lockdown quando lo stress si era ulteriormente aggravato.

Secondo questa stessa ricerca, inoltre, il 12-15% degli italiani ha fatto la spesa di alimenti nei mercatini rionali, acquistando cibi locali, biologici.

Ma c’è un altro dato su cui riflettere riguardante le abitudini alimentari.  Complessivamente in questi mesi gli italiani hanno fatto più attenzione al cibo che consumavano, privilegiando cibi più salutari. La resilienza degli italiani è sicuramente il dato generale più importante evidenziato dallo studio. Abbiamo ripreso le nostre tradizioni alimentari, con un ritorno al consumo di cibo fresco, di stagione e cucinato da noi. Se ci siamo rifugiati nel cibo, questo è stato meno cibo spazzatura. Si sono ridotti infatti gli acquisti di alimenti ultra processati a vantaggio di quelli mediterranei. Altro dato positivo infine è stato il riciclo del cibo avanzato, al quale ha fatto maggiore attenzione il  54% dei partecipanti allo studio.

Questo è accaduto soprattutto nelle regioni del nord e al centro Italia, mentre il sud  ha mantenuto inalterate le proprie abitudini di consumo continuando a comprare i cibi soprattutto nei supermercati e nella GDO.

Il Covid e molte altre patologie si possono combattere anche a tavola

Sappiamo tutti quanto le conseguenze di una dieta errata possono essere pesanti per la nostra salute: problemi cardiocircolatori, diabete, obesità.  Quello che non è altrettanto chiaro è che alcuni cibi possono aumentare la suscettibilità alle infezioni virali, compreso al  SARS-Coronavirus 2. In pratica rendono più difficile al nostro organismo difendersi.

Numerosi studi hanno dimostrato come gli zuccheri semplici  – non quelli complessi come i carboidrati contenuti nella pasta o nel pane – e gli alimenti ultraprocessati, definiti dalla classificazione NOVA ( un sistema di classificazione degli alimenti basato sul grado di lavorazione industriale)  attivano processi infiammatori nel nostro organismo. Questo accade perché il nostro metabolismo non sa “gestire” adeguatamente questi alimenti.

Questa capacità pro infiammatoria determina il rilascio di citochine da parte del sistema immunitario. Le citochine, parola che abbiamo sentito spesso in questi mesi, sono proteine prodotte dal nostro sistema immunitario in risposta a molte patologie.

Lo stesso accade in caso di obesità, visto che anche il tessuto adiposo rilascia citochine. In pratica il consumo di zuccheri e alimenti ultra processati e l’obesità determinano uno stato infiammatorio cronico. Se a questo si aggiunge l’infiammazione naturale come risposta al virus il nostro organismo può arrivare a trovarsi in una condizione  fuori controllo (tempesta di citochine) che può produrre danno tessutale fino alla necrosi. Ed è proprio quello che può accadere  nei polmoni e nel sistema circolatorio nelle infezioni più gravi da Coronavirus

Le proprietà anti infiammatorie della dieta mediterranea

Già alcuni anni fa alcuni studiosi avevano evidenziato come la dieta mediterranea basata sul consumo di verdura, olio, legumi – oltre ad avere effetti positivi sul sistema cardiovascolare, sulla pressione arteriosa – ha proprietà  antinfiammatorie.

In questi mesi lo score mediterraneo ( ovvero la misura dell’aderenza alla dieta mediterranea) si è mantenuto molto elevato. Anche in questo caso soprattutto al nord e al centro. Ed è rimasto molto alto anche nelle persone di età compresa tra i 20 e i 30 anni.

I cibi biologici e gli antiossidanti

Ma non solo fa bene seguire una dieta mediterranea, ancora meglio è seguire una dieta biologica. Studi condotti dal gruppo di ricerca della sezione di Nutrizione clinica e Nutrigenomica, dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata negli anni 2007- 2015 hanno verificato quel che accade nel nostro organismo quando si consumano prodotti biologici rispetto a quelli convenzionali. Facendo seguire la stessa dieta mediterranea costituita da prodotti biologici o convenzionali si è verificato che gli alimenti biologici hanno una capacità antiossidante molto più alta, in certi casi fino al 300% in più.

Anche analizzando il sangue dei soggetti si è verificato che quelli che avevano seguito una dieta mediterraneo biologica presentavano una capacità antiossidante plasmatica aumentata del 20%.  Il che vuol dire che questi soggetti avevano visto aumentare la loro capacità di rispondere a eventi stressogeni del 20% semplicemente mangiando alimenti bio.

 

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