Covid 19: contagi aumentano dove c’è agricoltura intensiva

Nelle aree con maggiore concentrazione di agricoltura intensiva ci sono 94 casi ogni 100 kmq, contro un dato medio di 47 casi. Nelle aree ad agricoltura non intensiva si scende a 32

di Maria Pia Terrosi


L’agricoltura non intensiva rallenta la diffusione del coronavirus. Questa la conclusione dello studio condotto dal laboratorio Cultlab della Scuola di Agraria dell’Università di Firenze in collaborazione con la segreteria scientifica dell’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale. Gli studiosi hanno messo in relazione il numero di casi di coronavirus registrati in Italia con i diversi modelli di agricoltura presenti nelle varie zone del Paese. Ne è emersa una maggiore incidenza del virus nelle zone agricole peri urbane e ad agricoltura intensiva. In particolare nelle aree della Pianura Padana, del fronte adriatico dell’Emilia Romagna, della valle dell’Arno tra Firenze e Pisa e nelle zone intorno a Roma e Napoli: quelle in cui l’agricoltura registra un più livello di meccanizzazione, impiego della chimica, agroindustria e dove ci sono maggiori interrelazioni con urbanizzazione e inquinamento.

Lo studio ha preso in esame i quattro modelli di agricoltura diffusi in Italia: aree agricole urbane e peri urbane, aree ad agricoltura intensiva, aree con agricoltura a media intensità energetica dove si praticano sistemi tradizionali e aree con agricoltura a bassa intensità energetica. Ebbene, considerato il dato medio nazionale della diffusione del Coronavirus, pari a 47 casi ogni 100 kmq, nelle aree ad agricoltura intensiva l’intensità del contagio sale a 94 casi ogni 100 kmq, mentre nelle aree ad agricoltura non intensiva il dato scende a 32 casi ogni 100 kmq.

Agricoltura intensiva, il caso Pianura Padana

Il caso della Pianura Padana è particolarmente esemplificativo: qui si concentra il 61% delle aree ad agricoltura intensiva di tutto il Paese e sono stati registrati il 70% dei casi Covid 19 in Italia.Ma con una distribuzione differente a seconda dei modelli agricoli praticati: nelle aree della Pianura Padana ad agricoltura intensiva si registrano 138 casi ogni 100 kmq, mentre in quelle ad agricoltura non intensiva la media scende a 90 casi ogni 100 kmq.

Meno colpite dal virus risultano le aree con agricoltura a media e bassa intensità energetica, dove è concentrato il 68% delle superfici protette italiane. Queste aree sono distribuite soprattutto nelle zone medio collinari, montane alpine ed appenniniche, caratterizzate da risorse paesaggistiche, naturalistiche ma anche culturali, storiche e produzioni tipiche legate a criteri qualitativi più che quantitativi.

“Ci siamo occupati di indagare la relazione tra i casi di coronavirus e il territorio rurale. L’agricoltura è considerata un servizio essenziale particolarmente in questo momento di crisi: è quindi importante capire il rapporto fra i modelli di agricoltura e la diffusione del virus anche in vista del ripensamento del modello di sviluppo passata l’emergenza”, ha precisato Mauro Agnoletti, coordinatore del progetto e responsabile scientifico del programma della Fao per la tutela dei Paesaggi agricoli di rilevanza mondiale.

Secondo Agnoletti, inoltre, una volta superata l’emergenza si dovrebbe ripartire proprio dai modelli agricoli non intensivi, in grado di garantire sicurezza alimentare, oltre allo sviluppo equilibrato di attività terziarie legate al turismo, all’agriturismo, al commercio, ai servizi e ai prodotti tipici.

 

 

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