Api operaie sfruttate nei mandorleti californiani

Cinquanta miliardi di api morte nel 2019 in California: un’inchiesta del Guardian mette sotto accusa la coltivazione intensiva di mandorle

di Maria Pia Terrosi


In California, nella Central Valley, ogni anno si produce un miliardo di tonnellate di mandorle, pari all’80% del totale mondiale. Una industria cresciuta negli ultimi anni a ritmi straordinari, sostenuta principalmente dalla domanda di latte di mandorla e arrivata oggi a valere circa 11 miliardi di dollari.

Irrorati di pesticidi e diserbanti, i mandorleti californiani hanno però bisogno delle api, indispensabili per l’impollinazione.  La crescente domanda di api da utilizzare in queste coltivazioni ha fatto sì che molti apicoltori provenienti da tutta la California negli ultimi anni abbiano deciso di affittare le loro colonie ai proprietari dei mandorleti che pagano anche 200 dollari per alveare. Noleggiare gli alveari è diventato più redditizio che vendere miele e per molti apicoltori costituisce ormai almeno la metà delle entrate.

Ma qualcosa è andato storto. Solo nella scorsa stagione 2018-2019 infatti sono morte 50 miliardi di api, circa un terzo della popolazione di api americane allevate per fini commerciali. In media un apicoltore che ha noleggiato le proprie api ne ha perse un terzo, sei volte tanto le perdite medie riscontrate normalmente nella produzione di miele (5%).

Sfruttamento api, l’inchiesta del Guardian

Una recente inchiesta pubblicata sul  Guardian ha cercato di capire le ragioni di questa strage, individuando la causa principale proprio nel modello di coltivazione utilizzato nei mandorleti californiani: un’agricoltura intensiva con impiego di grandi quantità di pesticidi e diserbanti che avvelenano le api e distruggono la biodiversità fondamentale per la sopravvivenza di questi insetti.

A questo va aggiunto che il lavoro di impollinazione svolto nei mandorleti è particolarmente faticoso per le api. Da un lato perché le costringe a risvegliarsi con uno o due mesi di anticipo dal riposo invernale. Dall’altro perché richiede molta più “manodopera” rispetto all’impollinazione di altre coltivazioni: 10 volte più di quella necessaria per i meleti.

Infine un’ulteriore minaccia viene dall’alta concentrazione di api in uno stesso luogo, cosa che aumenta il rischio di epidemie. Dietro la morte di miliardi di api dello scorso inverno c’è ad esempio l’attacco di un acaro parassita, il Varroa destructor, che succhia l’emolinfa delle api (sostanzialmente il loro sangue) provocando la morte di intere colonie.

 

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