Il cibo giusto e buono nell’era dell’antropocene

Uno studio della rivista Lancet delinea dieci punti essenziali per correggere gli attuali sistemi alimentari, puntando a un’agricoltura sostenibile che salvaguardi la salute dell’uomo e del pianeta

di Redazione


Che il buon cibo, giusto nella sua quantità, possa derivare soprattutto da una produzione sostenibile, che aiuti l’ambiente e metta finalmente in crisi gli attuali fallimentari sistemi alimentari è noto. La salute delle persone e gli equilibri dell’intero pianeta ne trarrebbero giovamento. Ora arriva anche lo studio di una prestigiosa rivista medica inglese, Lancet, che ha pubblicato un articolo frutto del lavoro congiunto di una commissione di esperti.

“Il cibo nell’Antropocene: la commissione di Lancet sui regimi alimentari salutari e sulla loro produzione sostenibile” è il titolo dello studio, condotto da ricercatori di salute umana, sistemi agricoli, economisti, studiosi della sostenibilità ambientale ed ecologica provenienti da sedici Paesi del mondo diversi. Più di quaranta pagine di articolo, corredato da 357 voci bibliografiche, scaricabile gratuitamente per intero, delinea in modo dettagliato l’attuale panorama di produzione alimentare e fornisce una serie di indicazioni e suggerimenti.

Cibo buono e giusto, i presupposti

Il presupposto è che l’attuale modello agricolo sia insostenibile per gli equilibri del pianeta e la salute delle persone. Anche perché l’agricoltura occupa attualmente il 40% dei suoli, usa il 70% delle riserve di acqua ed è responsabile (assieme al cambiamento di uso dei suoli) di quasi un quarto delle emissioni di gas serra. Inoltre sotto il profilo strettamente alimentare, 820 milioni di persone al mondo sono sotto alimentate, 151 milioni di bambini sono rachitici, e sono in aumento malattie legate a diete scorrette e ipercaloriche. Con oltre 2 miliardi di obesi e con il diabete raddoppiato negli ultimi trent’anni.

Dieci punti chiave

L’articolo individua, come risoluzione, dieci punti chiave. Il cibo non salutare è insostenibile per le persone e il pianeta, e la produzione alimentare è la più grande pressione causata dall’uomo sugli ecosistemi. Le attuali diete, inoltre, combinate con la crescita esponenziale della popolazione (e con la previsione di raggiungere 10 miliardi di individui al 2050) aggravano i rischi, riducendo la stabilità del pianeta.

È necessario trasformare l’alimentazione in una dieta sana, con alimenti sostenibili. E tutti devono poter usufruire di queste diete, per avere un apporto calorico appropriato. Entro il 2050 bisogna ridurre di oltre il 50% il consumo globale di cibi “malsani”, come carne rossa e zucchero, e aumentare fino al 100% il consumo di cibi sani: frutta, verdura, legumi e noci.

Con questo passaggio a una dieta più sana, si possono evitare dai 10 ai 12 milioni di morti all’anno. Una produzione alimentare sostenibile inoltre contribuisce a salvaguardare la biodiversità, a ridurre l’uso di acqua, a gestirla in modo responsabile. Sempre entro il 2050 bisogna ridurre almeno del 75% il divario di rendimento tra convenzionale e biologico, ridistribuendo fertilizzanti azotati e fosforo, attuando pratiche agricole che facciano passare l’agricoltura da fonte di produzione di carbonio a sua riduzione.

Tutti questi obiettivi si intrecciano con quelli dell’Onu sullo sviluppo sostenibile. E sono a portata di mano, ma richiedono sforzi importanti per cambiare le abitudini alimentari sane, contribuendo alla riduzione degli sprechi e migliorando le pratiche di produzione alimentare. Così facendo, l’agricoltura può diventare la soluzione dei grandi problemi della Terra. Rinunciando alla chimica e dando nuova fertilità ai suoli, producendo cibo che dia salute e non malattie.

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