Ambiente, l’agricoltura deve fare la sua parte

La chimica di sintesi distrugge risorse e mina la biodiversità. Mammuccini: l’agroecologia è approccio giusto per tutelare l’ambiente.

di Redazione


Il cibo sano è un elemento essenziale per la salute delle persone ma anche per la qualità del suolo, dell’aria, dell’acqua e dell’ambiente in cui il cibo viene prodotto. Non possiamo non ricordare, proprio in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, che anche l’agricoltura può e deve fare la sua parte. Perché se non lo facesse le conseguenze sarebbero molto pesanti.

Per dare spazio alle istanze dei tanti giovani che in tutto il mondo manifestano per la difesa dell’unico pianeta che abbiamo, servono politiche all’altezza della situazione e occorre cambiare il modello produttivo anche in agricoltura. Oggi, l’innovazione necessaria è adottare l’approccio agroecologico di cui l’agricoltura biologica è l’applicazione più concreta, come strumento strategico attraverso il quale difendere le risorse naturali a cominciare dalla fertilità dei suoli per favorire il sequestro di carbonio, la tutela della biodiversità e della qualità delle acque”, ha affermato Maria Grazia Mammuccini dell’Ufficio di Presidenza FederBio e portavoce di Cambia la Terra.

Qualità del suolo e biodiversità a rischio

I campi in cui si usa chimica di sintesi degradano la qualità del suolo, riducono le proprietà nutritive dei semi e delle piante, erodono la biodiversità vegetale. I fertilizzanti chimici compromettono la colonizzazione simbiotica tra funghi, micorrize e radici, che favorisce lo scambio di nutrienti. I semi omogenei e ibridi sono alterati per favorire una maggiore produzione a scapito della qualità. L’uso di pesticidi indebolisce la capacità di difesa delle piante, con conseguente riduzione dei polifenoli, indispensabili come antiossidanti per la salute umana.

Ambiente, costi altissimi per disinquinare

L’impatto economico dell’inquinamento da pesticidi è ormai documentato da una serie di studi internazionali. Una ricerca Usa valuta i costi derivati dall’uso dei pesticidi – spese sanitarie, perdita di produttività, perdita di biodiversità, costi per il disinquinamento del suolo e delle acque – in circa 10 miliardi di dollari l’anno nei soli Stati Uniti.

L’Italia si trova purtroppo esposta in prima linea nella battaglia contro il rischio chimico: è al terzo posto tra i consumatori di pesticidi a livello europeo. Mentre il consumo di principio attivo nella Ue è mediamente di 3,8 chili per ettaro, in Italia si arriva a 5,7 chili per ettaro: in 10 anni – dal 2006 al 2016 – si è registrato un aumento della spesa del 50% per i pesticidi e del 35% per i concimi. E l’agricoltura intensiva, la monocoltura, l’uso di diserbanti e concimi chimici sono tra gli elementi che più impoveriscono il terreno, riducendo la materia organica, la concentrazione di microrganismi e quindi la fertilità.

Ambiente e salute, quanti i rischi?

Inoltre, dal punto di vista strettamente sanitario, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità complessivamente nel mondo si registrano oltre 26 milioni di casi di avvelenamento da pesticidi all’anno e 258.000 decessi. In pratica 71.232 persone ogni giorno – più o meno gli stessi abitanti di una città come Pavia – restano intossicate in maniera acuta dai pesticidi e 706 persone muoiono. Uno studio europeo del 2015 ha poi valutato che l’esposizione prenatale a organofosfati (composti base di molti pesticidi ed erbicidi) fa perdere ogni anno 13 milioni di punti di quoziente intellettivo e provoca 59.300 casi di ritardo mentale, con un costo economico valutabile da un minimo di 146 miliardi di euro a un massimo di 194 miliardi all’anno: all’incirca l’1% del Pil dell’Ue.

Cambiamenti climatici e l’agroecologia

Infine c’è da tener presente l’impatto sul clima dell’agricoltura ad alto uso di chimica di sintesi e di combustibili fossili. L’Ipcc, la task force di climatologi organizzata dall’Onu, ritiene che siano proprio il modello agricolo e alimentare oggi imperante e l’uso attuale di suolo e foreste a essere responsabili del 24% del rilascio dei gas climalteranti. Una conseguenza che potrebbe essere evitata scegliendo la strada dell’agroecologia: secondo i dati pubblicati dal Rodale Institute nel 2011, i sistemi di agricoltura biologica utilizzano il 45% in meno di energia rispetto a quelli convenzionali e producono il 40% in meno di gas serra rispetto all’agricoltura basata su metodi convenzionali.

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