di Goffredo Galeazzi
Tra le aziende agricole che praticano l’agricoltura sociale soltanto una su dieci adotta tecniche di produzione agro-zootecnica convenzionale, mentre la stragrande maggioranza (89%) riduce l’impatto ambientale limitando l’impiego di antiparassitari e concimi e adottando pratiche agronomiche ecosostenibili. E’ quanto emerge da uno studio su un campione di aziende che praticano l’agricoltura sociale condotto da AiCARE (Agenzia Italiana per la Campagna e l’Agricoltura Responsabile e Etica). L’agricoltura sociale, oltre a offrire servizi di istruzione e assistenza a bambini, anziani, portatori di handicap, esclusi dal sistema del lavoro, contribuisce all’affermazione di un’etica della produzione agricola fondata sul rispetto dell’ambiente e della salute, la fiducia fra produttori e consumatori, la solidarietà fra i diversi componenti delle comunità rurali e i loro ospiti (agriturismo, vendita diretta dei prodotti, gruppi di acquisto solidali)..
Secondo lo studio di AiCARE, le aziende agro-sociali certificate per l’adozione del metodo di coltivazione biologico sono il 48%; un ulteriore 29% pratica il metodo biologico di fatto, evitando gli oneri della certificazione ufficiale, affidandosi al rapporto di fiducia stabilito con consumatori fidelizzati; il 7% coltiva secondo i principi della biodinamica basati sulla visione spirituale antroposofica elaborata dal filosofo Rudolf Steiner; il rimanente 5% combina diversi metodi ecosostenibili di coltivazione.
Si consideri che complessivamente le aziende agricole italiane certificate per la produzione con metodo biologico sono, secondo i dati 2015 forniti dal Sinab, circa 52.600 pari a poco meno del 4% di tutte le aziende agricole. La diffusione del metodo biologico nelle aziende agro-sociali è dunque superiore di oltre dodici volte.